mercoledì 31 ottobre 2007

The Bourne Ultimatum

Anno: 2007
Regia: Paul Greengrass
Distribuzione: UIP

Torna il personaggio di Jason Bourne interpretato da Matt Damon nell'ultimo episodio della trilogia che lo vede come protagonista: "The Bourne Ultimatum".

Londra. Jason Bourne vuole ancora sapere chi è e chi l'ha trasformato in una spietata macchina da guerra. Per arrivare a scoprire ciò, si mette sulle tracce di un giornalista che sta indagando su un progetto Top Secret della CIA...

Paul Greengrass è al suo meglio per dirige senza compromessi un film virtuoso e dal ritmo ipnotico. "The Bourne Ultimatum" è un concentrato, purissimo, di adrenalina che arriva nelle vene passando per gli occhi. Inseguimenti mozzafiato, combattimenti all'ultimo sangue, caccia all'uomo, il tutto contestualizzato nella scenografia "Mondo". Qui, in una scenografia globale e globalizzante, Jason Bourne diviene allo stesso tempo cacciatore e preda, osservatore e osservato, in un balletto di spie che si muovono da una città all'altra cercando di evitare i numerosi occhi da cui vengono intercettati (telecamere, telefonini, satelliti, ecc.). E' il ritmo, quindi, a farla da padrone ed è su di esso che la magnifica sceneggiatura di Tony Gilroy, lo stesso di “Michael Clayton”, si appoggia per descrivere lo smarrimento di un uomo alla ricerca delle proprie origini.

La trilogia tratta dal romanzo “L’uomo senza volto” di Robert Ludlum, con quest’ultimo "The Bourne Ultimatum" dimostra di essere destinata a fare scuola nella storia del Cinema. Si può obiettare che proprio l’azione, suo punto forte, alle volte risulta un po’ troppo esagerata e inverosimile, ma poco importa e allo spettatore non rimane altro da fare che "immergersi" in uno spettacolo perfettamente in equilibrio tra il gesto e l’autoanalisi.
Un film senza eguali nel genere, una grande trilogia.

Diego Altobelli (10/2007)

martedì 30 ottobre 2007

War Dance

Anno: 2007
Regia: Sean e Andrea Nix-Fine

Storia toccante di tre ragazzini, Dominic Rose e Nancy che intendono partecipare ad un festival di musica e danza allo scopo (in realtà, con la speranza) di distrarre il proprio popolo dalla guerra che attanaglia il Nord Uganda. Il film documentario di Sean e Andrea Nix-Fine si sofferma in una delle città colpite, da oltre un ventennio, dalla guerra civile della LRA (Lord Resistance Army), e più recisamente in Patongo. La cittadina ugandese infatti, è quella che negli ultimi anni ha subito più vittime, tra queste moltissime sono stati bambini. Da lì, i registi seguono il viaggio dei tre protagonisti vero la capitale, dove sono attesi per ballare al Kampala Music Festiva, il più importante festival del Paese e che per molti rappresenta anche la possibilità di una nuova vita.

In realtà la storia che c’è dietro questo documentario è piuttosto difficile da spiegare e da capire per chi non è già al corrente della situazione difficile africana di questi ultimi trent’anni. Per quelli che ne sono completamente all’oscuro “War Dance” offre un ritratto commovente e molto malinconico del “territorio nero” dove il ballo viene visto come sogno e la vita come speranza.La regia segue la narrazione su due piani ben distinti. Nel primo il viaggio dei tre bambini verso la capitale; nel secondo la spiegazione del loro passato e della loro drammatica infanzia. Ed è naturalmente proprio in questa fase che le immagini si fanno più crude e decisamente amare. Ma quello che colpisce sono anche le frasi e il modo in cui vengono pronunciate dai profughi, dai prigionieri, da tutte le vittime di quella guerra. Non c’è compassione, non c’è speranza, né forza emotiva o rabbia. Quella, semmai, ha lasciato lo spazio alla consapevolezza e alla cognizione di una vita disperata e che non ha più la forza di esprimere nulla per nessuno. Fratelli o amici che siano. Tanto, si sa, probabilmente moriranno tutti.
Ingoiamo il boccone.

Insomma, il documentario di Sean e Andrea Nix-Fine, trionfante sia al Sundance Film Festival che al Secondo Festival del Cinema di Roma, appassiona. Regia chiara, ma dinamica e una narrazione non lineare, tutti elementi la cui unione fa emozionare e commuovere.
Documentario sentito quanto riuscito, che apre gli occhi e stringe il cuore.

Diego Altobelli (10/2007)
estratto da http://filmup.leonardo.it/wardance.htm

Heima

Anno: 2007
Regia: Dean Deblois

Film documentario sul gruppo musicale Sigur Ros che viene seguito, in occasione di una serie di concerti, dal regista Dean Deblois. Il risultato, come era prevedibile, è una pellicola sperimentale molto più simile ad un videoclip che ad un viaggio di approfondimento sulla vita della band.

I Sigur Ros sono un gruppo musicale islandese formatasi nel lontano 1994 e che ha racimolato rapidamente consensi di pubblico e di critica per la loro musica intimista. Caratterizzata da urli prolungati e accordi elettronici, le loro interpretazioni ben si sposano con immagini aventi soggetti naturalistici, spirituali e onirici. Il film di Dean Deblois, sceneggiatore per la Disney e grande appassionato di musica, intende fare proprio queste tipo di associazioni omaggiando il gruppo in modo sentito e personale. Risultato da cultore un poco fine a se stesso, ma al contempo avvolgente e alienante.“Heima” è un documentario musicale, intervallato da brevi passaggi filmati in cui ascoltiamo in sottofondo le frasi e i commenti dei vari componenti del gruppo, che si limita però ad essere una lunga sequenza di video indirizzati esclusivamente ai fan del gruppo islandese. Si poteva fare di più, certamente (magari introducendo commenti di altri artisti, estimatori della loro musica come nel caso di Bjork…), ma il risultato è comunque apprezzabile.

Diego Altobelli (10/2007)
estratto da http://filmup.leonardo.it/sc_heima.htm

The Bourne Supremacy

Anno: 2004
Regia: Paul Greengrass
Distribuzione: Universal

Si riparte da una spiaggia. Un luogo di transito. I ricordi si ricomincia a cercarli da lì. Bourne ritorna per indagare sulle sue origini. Il viaggio lo porterà a risalire alla CIA...

Questa volta è Paul Greengrass alla regia, chiamato per girare il seguito di "The Bourne Identity", stavolta denominato "Supremacy". In questo secondo capitolo la telecamera diventa parte integrante della storia. Prediligendo handy cam e telecamere "non fisse", Greengrass fa diventare parte integrante lo spettatore dell'azione. Un susseguirsi esaltante di scene d'azione al servizio di una trama fanta-politica fanno il resto.
Per gli attori, oltre la conferma di Matt Damon, spunta anche Julia Styles, in verità già presente nel primo episodio e che tornerà pure nel terzo.

Un film azzeccato. Un seguito forse non evocativo come il primo (questa volta l'attenzione dello script indaga sui concetti di perdita e vendetta), ma con più scene d'azione e una trama più articolata.

Diego Altobelli (10/2007)

The Bourne Identity

Anno: 2002
Regia: Doug Liman

Una ragazzo, ferito mortalmente, si risveglia senza ricordarsi nulla né della sua identità, né del suo passato. Il recupero di una cassetta di sicurezza gli dà un nome (Jason Bourne), tanti soldi e una pistola. Con questi elementi Jason deve ripartire per risalire alla sua storia. Chiederà aiuto a una eccentrica ragazza svizzera offrendogli diecimila dollari...


Primo episodio di una serie ad alto tasso adrenalinico.
Tratto dall'apprezzato romanzo di Robert Ludlum dal titolo "L'uomo senza volto", "The Bourne Identity" catapulta lo spettatore in una Europa piena di intrighi, complotti e segreti politici. Grazie pure a un’ambientazione labirintica come quella dell’Est europeo, il personaggio Jason Bourne funziona e affascina, trovando in Matt Damon una degna incarnazione: atletico, reattivo, stralunato e confuso.
La regia di Doug Liman, che per lo più ha all'attivo regie televisive, è tutta messa al servizio della ricerca delle origini di Bourne. Funzionale.
Con l’andare avanti nel racconto, inoltre, la ricerca del protagonista assume toni e connotazioni più profonde e inquietanti. Bourne è un ombra, che si muove in un mondo di presenze oscure e negative. E che sfugge, inseguendolo con una falsa identità, dal proprio passato.
Epici i combattimenti, gli inseguimenti e in generale e le scene d'azione. Da ricordare, invece, la sequenza col cecchino e l’inseguimento in mini (che richiama anche “The Italian Job” del 1969): un nuovo “classico”.

"The Bourne Identity" è un film appassionante e adrenalinico, che in aggiunta a questi fattori positivi riesce anche a risultare evocativo contando su un soggetto alla Hitchcock. Pellicola d’azione che offre anche spunti di riflessione non banali. Che cosa si intende per “identità”? E per “passato”? Origini? Ricordi? Come si possono collocare questi concetti all’interno di un singola esistenza? E infine la ricerca del proprio “Io”, che nel caso di Bourne è un “Super-Io”: un esempio di ricerca “nietzcheana” al servizio del cinema.

Le musiche sono di Mojo.

Diego Altobelli (10/2007)

lunedì 29 ottobre 2007

Seta

Anno: 2007
Regia: Francois Girard
Distribuzione: Medusa Film

Sembra un film "furbo" questo "Seta", un poco cialtrone, se vogliamo, diretto posatamente da Francois Girard, regista divenuto famoso nel 1993 per il riuscito "32 piccoli film su Glenn Gould".

Seconda metà dell'Ottocento. Al giovane Hervè, sposato con Helene, viene affidato il delicato incarico di andare in Giappone a comprare bachi da seta, in modo da riprodurre in Europa il pregiato tessuto. Il suo viaggio, allontanandolo dalla moglie, lo farà avvicinare a una cultura seducente e alienante, facendolo innamorare di un’altra donna. Solo dopo molto tempo Hervè si renderà conto che il vero amore era molto più a portata di mano...

Film sontuoso, elegante e silenzioso. Ma anche statico, debole narrativamente, e fondamentalmente composto di tanta apparenza. Ritrarre al cinema l'esile romanzo del torinese Alessandro Baricco non è stata un'intuizione felicissima. Il problema risiede nel fatto che se nel libro “Seta” si può ricercare (trovandola) una scrittura, una poetica e una fabulazione che, pure senza una vera trama, legittimano, con la loro efficacia, l'opera finita. Nel film omonimo le parole di Baricco mancano, e le scene patinate, i bei paesaggi e la bellissima ricostruzione dei vestiti, finiscono per essere cose fini a se stesse. Al film di Girard, insomma, manca una trama. Una storia da raccontare. Da far tenere svegli lo spettatore. Tra l’altro due ore di girato, in cui sostanzialmente non succede nulla se non un nevrotico andirivieni dall’Italia (ma non era l’Inghilterra?) al Giappone, dimostrano una prolissità che nemmeno lo stesso Baricco aveva concesso a se stesso nel narrare il suo lungo racconto. Vanitoso.

Peccato anche per il buon cast di attori. Michael Pitt lo ricordavamo più convincente in "Dreamers" (in “Seta” invece pare avere una sola espressione…); la bella Keira Knightley (troppo magra!) fa il suo dovere di personaggio secondario del film senza infamia e senza lode. Bravo invece Alfred Molina, un attore sottovalutato.

"Seta" è un film che si dipana tra belle musiche, belle scenografie e bei paesaggi, ma a cui mancano le attraenti parole di Baricco per poterne legittimare la presenza sullo schermo. Un prodotto che sembra un invito aristocratico a un party di gente snob… Tanto apparire, zero sostanza.

Curiosità: Le musiche, avvolgenti, sono di Ryuichi Sakamoto.

Diego Altobelli (10/2007)

Genere - Storico

L'abbuffata

Film della Festa del Cinema di Roma 2007 - Premiere

Anno: 2007
Regia: Mimmo Calopresti

Mimmo Calopresti, apprezzato regista per "Preferisco il rumore del mare", firma "L'abbuffata", pellicola che si diverte a giocare con il Cinema e i luoghi comuni del mal costume italiano.

Tre ragazzi calabresi senza né arte né parte decidono di girare un film. Cominciando da vaghe e confuse dichiarazioni rubate ai passanti, dopo qualche tempo trovano una storia sufficientemente interessante: quella di una loro zia che aspetta il ritorno al paese di un vecchio amore americano. Così, per realizzare il film, i tre decidono di partire per Roma alla ricerca di un uomo che possa, in qualche modo, avere le sembianze descritte dall'anziana signora…

Pellicola sciatta, debole sul piano della trama, e dalla sceneggiatura talmente fragile da apparire risibile. Calopresti tenta un esperimento davvero interessante, un film nel film, ma con risultati pessimi. Che sia un film poco convincente si capisce dai primi minuti in cui vediamo Diego Abatantuono interpretare il ruolo di un vecchio regista in declino che disquisisce, senza alcuna ragione, su Ulisse e Omero. Si prosegue poi con immagini confuse riprese dalla telecamera a mano usata dai tre ragazzi, che riescono bene nel rispecchiare una gioventù che non ha nulla da dire al mondo, e che cercano invano, e senza metodo, una qualunque ispirazione per il loro film. Si arriva dunque, dopo un'altra “dose” di dialoghi aventi come tema "…quanto era bello il Cinema di Mastroianni e Rossellini", al viaggio dei tre a Roma. Il massimo della nausea si avverte quando compare Flavia Vento sullo schermo, e subito dopo, quando Calopresti ci mostra un finto reality che altro non vuole che ricordarci quanto la nostra televisione sia sciocca. Ma non basta, e il regista confida che abbiate ancora un poco di energia per ammirare Gerard Depardieu giungere in Calabria, partecipare a un cenone in suo onore, e morire davanti la televisione che trasmette Bruno Vespa. Nel frattempo noi invece, abbiamo già digerito un insostenibile Nino Frassica nel ruolo "serio" di un professore di inglese, e una storia d'amore da fotoromanzo. Calamità.

Si finisce per ridere, ma per non piangere di fronte l'ennesima pellicola che non serviva al cinema italiano. Una inutile riproposta di luoghi comuni che, al contrario del signor Calopresti, noi crediamo non appartenere più né all’Italia, né al cinema italiano. Forse è il caso di dire basta a queste pellicole. Davvero.
Il film “L’abbuffata” sarà pure ironico, col beneficio del dubbio, ma risulta soprattutto pretestuoso e profondamente privo di ispirazione. In una parola: insignificante.

Diego Altobelli (10/2007)

Ratatouille

Anno: 2007
Regia: Brad Bird
Distribuzione: Disney Pixar

Remy è un topo (ma sarebbe meglio dire un ratto di foglia), che sogna di diventare un cuoco. A differenza di tutti i suoi parenti e amici infatti, Remy ha un fiuto per i sapori davvero pregiato, tanto da riuscire a cucinare per se e per gli amici sempre piatti prelibati. Ma la grande occasione per Remy arriva quando un violento temporale lo trascina dalle fogne ai canali di scarico del ristorante "Gusteau", uno dei più importanti ristoranti di Francia. Lì comincerà il suo vero apprendistato come cuoco...

Divertente e raffinata commedia animata: "Ratatouille", diretto con eleganza da Brad Bird, riesce a catturare anche i "palati" più difficili. Una trama leggera, condita qua e là con un pizzico di drammaticità, data soprattutto dai dilemmi "shakesperiani" del topo (essere o non essere... un cuoco?), viene raccontata con una gamma di colori e cura nei particolari davvero notevole. Superiore per realizzazione, quindi, a tutte le pellicole dello stesso genere uscite recentemente, "Ratatouille" risulta un film ispirato (già famosa la scena in cui il topo usa un ragazzo come fosse una marionetta, reggendolo per i capelli, per insegnargli a cucinare), e carico di metafore sull'amicizia e la rivalsa di sé.

Guardando il film di Bird, già acclamato autore de "Il gigante di ferro" e de "Gli incredibili" (con cui ha vinto l'Oscar), ogni commento diventa superfluo. Sarà per la sceneggiatura innovativa e brillante, sarà per la realizzazione tecnica impeccabile, in perfetto stile Pixar, o sarà per gli innumerevoli spunti di riflessione che questo film offre (non ultimo l’analisi sul lavoro del “critico”) "Ratatouille" è semplicemente un film da vedere. L'unico cartone animato davvero degno di nota della stagione.

Diego Altobelli (10/2007)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1750

The Dukes

Film della Festa del Cinema di Roma 2007 - Premiere

Anno: 2007
Regia: Robert Davi

George e Robert sono due ex cantanti italo-americani in grossa crisi economica. Un giorno i due, per sopperire ai grossi debiti del ristorante di famiglia, decidono di organizzare una rapina ai danni di uno studio dentistico. La loro avventura li porterà a riformare il vecchio gruppo musicale dei “Dukes”...

Robert Davi è attore famoso che ha lavorato con alcuni tra i più grandi registi internazionali come Spielberg, Donner, Ang Lee. Per questo "The Dukes" (vincitore dello "Houston world Fest") però, Davi assume anche il ruolo di regista, dirigendo la pellicola con un atteggiamento determinato. "The Dukes" sfrutta l'idea che apparteneva a "I soliti ignoti" (riprendendone il soggetto e ricalcandone le tappe narrative) per raccontare la risalita verso il successo di una vecchia band "Doo Wop" degli anni Cinquanta, ma il risultato è una commedia confusa e povera di idee. Tutto il film è pervaso di un atmosfera buonista volta a descrivere personaggi e situazioni senza alcun pathos. Anzi, addirittura ci si rende conto che le situazioni presentate nel film non hanno alcuna importanza al fine della costruzione della trama, risultando quindi sostanzialmente inutili. Inoltre, Davi tenta di omaggiare il cinema italiano con tutta una serie di luoghi comuni sull'Italia e gli italiani che a essere buoni fanno venire il prurito. Dalla musica, con il repertorio di Conte, fino all'arrivo di un personaggio, nelle fasi finali di pellicola, che parla in italiano e che racconta quanto sfortunata è stata la sua vita. Deprimente.

"The Dukes" è quindi un film mediocre. Che si spaccia ambiziosamente come remake de "I soliti ignoti" e che ha l'aggravante di apparire molesto.

Diego Altobelli (10/2007)

On dirait que - Let's Say

Film della Festa del Cinema di Roma 2007 - Sezione Extra

Anno: 2007
Regia: Francoise Marie
Distribuzione: Lucky Red

Un lavoro di indagine nell’universo dell’infanzia è quello che ha fatto Francoise Marie, e che ha portato alla realizzazione di questo “On dirait que – Let’s Say”. Un documentario intelligente, interessante e con punte inquietanti sul mondo dell’immaginario infantile.Infatti il film-documentario chiede a un gruppo di bambini (tra gli otto e i dodici anni) di una scuola francese di fare finta di interpretare (recitare) i propri genitori mentre sono al lavoro. Ciò che ne viene fuori è un risultato complesso in cui ci si rende conto di come davvero la psicologia del bambino sia complessa e influenzata, dal punto di vista del carattere e nella maggior parte dei casi, dalla posizione sociale occupata dai genitori.

La regia di Francoise Marie predilige soprattutto telecamera a mano, inquadrature instabili attente però a catturare le emozioni che provano i bambini nel gioco di immedesimazione, che a dire il vero alla fine sembra pure un poco sadico. Così vengono espresse insicurezze, gentilezze, ma soprattutto rancori e prepotenze. Una cosa che fa pensare...L’esperimento della Marie, quindi, è da considerarsi riuscito. La sua è una pellicola che può interessare e far riflettere grandi e piccoli.Rimane una certa ripetitività a realizzazione ultimata che rischia di generare noia, fortunatamente però, il film finisce poco prima che questo accada.

Diego Altobelli (10/2007)
estratto da http://filmup.leonardo.it/ondiraitque.htm

Juno

Film della Festa del Cinema di Roma 2007 - In concorso: il Vincitore

Anno: 2007
Regia: Ivan Reitman

Jason Reitman, regista canadese che si è fatto conoscere per il frizzante "Thank you for smoking", torna dietro la macchina da presa proponendo una commedia acuta e intelligente.

Juno è una ragazzina di sedici anni che scopre di essere rimasta in cinta dopo aver avuto il suo primo rapporto sessuale. Appresa la notizia, comunque, la ragazza non si lascia scoraggiare, decidendo, consensualmente ai propri genitori, di dare il bambino in affidamento...

Ritmo scanzonato per il film "Juno", al punto che ci si chiede se davvero il regista si renda conto della difficoltà presente nel trattare temi come aborto e affidamento. Parole difficili persino a pensarle, ma che invece la Juno del film pronuncia con una naturalezza sorprendente. E ancor più sorprendentemente il film cattura il pubblico. In "Juno", infatti, tutti gli elementi (recitazione, sceneggiatura, musiche, e regia), pur non esaltando in nessun aspetto, sono articolati in modo da risultare azzeccati e, alla fine, particolarmente convincenti. La pellicola di Reitman è quindi un inno gradevole e assolutamente spensierato alla vita e alle complicazioni che questa può avere. Regia dinamica vista attraverso gli occhi dell’adolescente protagonista, personaggi simpatici, e una trama affatto scontata, sono messi al servizio di un film arricchito dalle interpretazioni divertite di J.K. Simmons (il J.J di "Spiderman") e di una ponderata Jennifer Garner.

Diego Altobelli (10/2007)