venerdì 4 luglio 2008

Boogeyman 2

Anno: 2008
Regia: Jeff Betancourt
Anno: 2008

Pur di superare la sua paura per il buio, la giovane Laura decide di farsi rinchiudere in un istituto psichiatrico.
Tenuta sottocontrollo da un ambiguo dottore e da una giovane tirocinante, Laura vedrà morire uno dopo l'altro i pazienti dell'istituto. A ucciderli, un misterioso Uomo Nero...

A quasi tre anni dal flop del primo "Boogeyman" Jeff Betancourt, dopo aver militato come montatore per tanti anni in film come "The Grudge" e "The exorcisme of Emily Rose" coltivando una discreta esperienza in fatto di horror, tenta di rilanciare questa saga dal gusto un po' aspro. La sua prima prova da regista non sarebbe malaccio se la sceneggiatura, come nel primo, non fosse così palesemente lacunosa e prevedibile.
Infatti, all'interno di un gigantesco istituto psichiatrico dove vi sono rinchiusi appena sette ragazzi e con un personale di infermieri ridotto all'osso, avvengono omicidi tanto efferati quanto al limite della verosimiglianza. Al punto che non solo non divertono, ma anzi angosciano trasportando con sé il pretesto che a uccidere non sia un uomo in carne ed ossa, ma la paura stessa delle vittime. Idea carina, nevvero, peccato che non ci creda nessuno.
Quindi ecco che il film di Betancourt esaurite in breve tempo le cartucce nel caricatore delle intenzioni, trasformi il film in uno splatterone per veri patiti del genere. Un po' poco, considerando che anche questi ultimi non rimarranno così colpiti dalle uccisioni e dalle morti, essendo queste costruite fin troppo similmente ad altre pellicole recenti quali, ad esempio, "Saw".

A tal proposito nella recitazione l'unica curiosità è rappresentata dalla presenza di Tobin Bell, il Jigsaw della già citata saga horror, che malgrado la recitazione monocorde riesce nel non facile compito di affascinare lo spettatore con un personaggio assai ambiguo. Se sia lui l'assassino anche in questo caso, però, spetta a voi scoprirlo.

Diego Altobelli (07/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1909

giovedì 3 luglio 2008

Wanted - Scegli il tuo Destino

Anno: 2008
Regia: Timur Bekmambetov
Distribuzione: UIP

Più che un adattamento, "Wanted" di Timur Bekmambetov - già regista de "I guardiani della notte" e il suo seguito "I guardiani del giorno" - pare solo ispirarsi a quello che è considerato uno dei fumetti dark più irriverenti e provocatori degli ultimi anni. La graphic novel ad opera di Mark Millar e Jeffrey G. Jones infatti, distruggeva letteralmente il mito del supereroe in calzamaglia, rendendo protagonisti della storia, di fatto, un gruppo di supercriminali. Il film del regista kazako cerca una mediazione, quasi una scappatoia “polically correct”, creando però una sorta di grosso cortocircuito tra adattamento e libera interpretazione di un'opera cartacea.

Wesley soffre di attacchi di panico, non riesce a reagire alla sua "ingombrante" capoufficio e soprattutto non riesce a dichiarare alla sua fidanzata di essere a conoscenza del fatto che lei se la spassi con il suo miglior amico. Fino a quando Fox, una ragazza tutta tatuaggi e pistole, non lo rapisce e lo invita a entrare a far parte di un gruppo di giustizieri spiegandogli che i suoi attacchi di panico, in realtà, sono i sintomi di potenzialità fisiche e mentali superiori a quelle di qualunque altro uomo...

A chi ha letto e apprezzato il fumetto di culto cui questo "Wanted" si ispira, si consiglia caldamente di stare alla larga dalla pellicola di Bekmambetov. Il film in questione ha poco in comune con le pagine di Millar, a parte l'idea generale e i personaggi. Il crimine commesso dal regista Bekmambetov è quello di aver snaturato l'opera originale, confezionando un film più che altro scaltro nel proporsi con un buon cast e una trama dai risvolti new age, nell'ormai ampio parco di film tratti dai fumetti.
La più grande differenza tra i film e il fumetto, difatti, risiede nella presenza in pellicola di un fantomatico telaio che comunica, attraverso un alfabeto criptato, i nomi di coloro che devono essere uccisi. Nel fumetto non vi era nessun telaio a giustificare gli omicidi e il tema del Destino, che il telaio vorrebbe incarnare, era visto come un mero concatenarsi di eventi provocati dall'uomo.
Differenti punti di vista, quindi, che cambiano notevolmente lo svolgimento della trama e la sua più intima interpretazione.

Malgrado le sostanziali diferenze tra film e fumetto (che i cultori non faranno passare), comunque, il film scorre grazie al buon ritmo; una regia di maniera priva di sbafature; e una sceneggiatura dettata da dialoghi serrati e un'azione incalzante.
Buono davvero il cast, invece: con un divertito Morgan Freeman nel ruolo di un capo calcolatore e caparbio; la bellissima Angelina Jolie che regala ai fan minuti di azione mozzafiato; e il giovane James McAvoy (già visto in "Espiazione") protagonista confuso nello scegliere tra destino e libero arbitrio.

Diego Altobelli (07/2008)
estratto da www.tempimoderni.com

Ruins - Rovine

Anno: 2008
Regia: Carter Smith
Distribuzione: Uip

Basato sull’omonimo romanzo di Scott Smith, “Ruins – Rovine” arriva nelle sale cinematografiche per la regia dell’esordiente Carter Smith. Un b-movie estivo che non esalta, ma riesce comunque a incuriosire e a non annoiare lo spettatore accaldato.

Amy, Jeff, Stacy ed Eric sono due coppie di amici che decidono, il penultimo giorno di una afosa vacanza in Messico, di avventurarsi tra le rovine abbandonate di un sito Maya. Superata la difficoltà di rintracciare geograficamente il misterioso ed esclusivo sito, i quattro arrivano sul posto, ma una volta lì scoprono che il tempio Maya è in realtà il luogo culto di un popolo di indigeni spaventati dalla vegetazione che ricopre il luogo...

Il merito di “Rovine” è tutto nel trascendere i cliché del genere horror e proporre una trama che, pur zoppicante, risulta nuova e originale. Se, infatti, è decisamente assurdo l’assunto di una pianta carnivora che uccide, trasformando in vegetale chiunque la tocchi, la pellicola risulta comunque girata con piglio sufficientemente astuto per acchiappare lo spettatore. Buono a tal proposito anche il montaggio, ad opera di Jeff Betancourt (“Boogeyman 2”).

Attori invece piuttosto modesti, e tutti provenienti dalla televisione made in USA. Del resto il film non chiede molto loro se non di interpretare tra urla e schiamazzi il ruolo di quattro ragazzi spaventati e prigionieri di una situazione claustrofobica.
Davvero carino il finale, invece, che presuppone un ancor più scontato sequel, ma che ricorda nell’ultima scena il finale di “Terminator”.

Diego Altobelli (07/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1907

lunedì 30 giugno 2008

Go go tales

Anno: 2008
Regia: Abel Ferrara
Distribuzione: Media Film

Dopo “Mary”, controversa e religiosa pellicola del 2005, con “Go go tales” Abel Ferrara torna a circondarsi degli amici storici per realizzare un film claustrofobico e confuso, almeno nelle intenzioni.

Il Paradise è un locale di spogliarelliste tenuto da Ray Ruby, che presenta anche le varie serate e i numeri delle ragazze. Purtroppo però, il locale sta andando male: mesi di affitto arretrato; stipendi da pagare; ragazze che cominciano ad alzare un po’ la cresta; e una generale incapacità nel proporre un servizio accettabile ai clienti, rendono il Paradise un locale a rischio di chiusura. A Ray rimane una sola possibilità: vincere alla lotteria...

Cast echeggiante per un film che purtroppo non riesce a colpire nel segno. Causa, forse, una effettiva e generale mancanza di idee unita a una sceneggiatura che soffre troppo della scelta di aver voluto improvvisare molte scene. Abel Ferrara infatti, dirige quasi un divertissement coi toni della commedia nera, ma decide di lasciare troppo spazio agli attori che così, pur dimostrandosi capaci e in parte, si ha la sensazione sfuggano qua e là da una cinepresa che non sa bene cosa seguire.

Il Paradise del film è decisamente lontano dal “New Rose Hotel” del 1998. Qui il luogo stesso diventa protagonista prima degli attori e dei personaggi. Il Paradise è una sorta di Torre Babele chiusa e a rischio di crollo, dove suoni e linguaggi si mescolano e si intersecano cercando, all’interno di esso, una loro precisa identità. Questa si perde però, insieme alle alte intenzioni registiche, nell’inconsistenza narrativa e nei dialoghi veri e propri che accompagnano le scene.
Altra chiave di lettura è il Paradise come metafora del Cinema. Un luogo chiuso, perennemente in disgrazia e in affanno nel trovare una giusta soluzione/collocazione affettiva ed emotiva. Si assiste quindi, in quest’ottica, alla caparbietà di chi vuole perseverare a far vivere un mondo fatto di sogni che come le ballerine del Paradise si possono solo vedere e non toccare.

Infine, l’appoggio di attori amici come Matthew Modine, Willem Defoe e Asia Argento, e la partecipazione di volti noti al cinema e alla televisione italiana (Riccardo Scamarcio, Justine Mattera, e Stefania Rocca), doveva dare lustro a un film tutto realizzato negli studi di Cinecittà a Roma, dopo che il set newyorchese era stato fatto a pezzi per mancanza di fondi. Il risultato invece è sì, una bellissima prova di recitazione da parte di tutto il cast – eccellente anche Bob Hoskins -, ma anche un prodotto registico che purtroppo risulta un poco maldestro e zoppicante.

Diego Altobelli (07/2008)
estratto da http://filmup.leonardo.it/gogotales.htm

Chiamata senza risposta

Anno: 2008
Regia: Eric Valette
Distribuzione: Warner Bros.

Con l’approssimarsi dei mesi caldi comincia la stagione estiva del cinema horror, che come ogni anno trascina con sé una lunga scia di B-movie e remake. E’ il caso di “Chiamata senza risposta”, rifacimento hollywoodiano di un buon horror giapponese dal titolo “Chakushin Ari – The Call” del 2003, diretto dal regista di culto Takashi Miike.

Beth, ragazza orfana di madre, è testimone in soli due giorni della morte di due dei suoi migliori amici. Le circostanze che hanno portato ai decessi risultano alquanto misteriose: infatti, entrambi i ragazzi avevano ricevuto sul loro cellulare, qualche giorno prima della loro dipartita, messaggi vocali delle loro stesse urla lanciate prima di morire. Con l’aiuto del detective Jack, la ragazza si mette a indagare...

Il film di Miike si differenziava dal resto delle pellicole horror giapponesi, oltre che per una regia più autoriale, soprattutto per un senso di incompiutezza, volto a lasciar sottintendere l’incomprensibilità della morte e il senso di profonda inquietudine che la grande mietitrice porta con sé. Un effetto riuscito e ispirato, che diede al film un certo seguito di estimatori.
A Hollywood le cose vanno diversamente.
In America i soggetti vanno spiegati, sviscerati, esauriti in tutte le loro parti. Ed è così che se da una parte assistiamo alla palese lotta tra bene e male, che tanto abnega, soddisfacendolo, lo spettatore comune; dall’altra assistiamo alla perdita da parte di quest’ultimo del mistero, dell’angoscia dell’indagine, e della sensazione di smarrimento che un horror dovrebbe possedere.
Un modo diverso di intendere il genere, quindi. In Giappone più mistico, più ricercato e forse più intimo; negli States più fisico, carnale e tangibile. Fatta tale premessa i giudizi vengono da soli.

La regia di Eric Valette – che esordisce proprio con questo film - si adegua al sistema, inserendo contesti solo apparentemente soprannaturali e rivelando anche più del necessario. Storie di bambini invidiosi, di matrigne distratte, e di una chiamata che non venne mai effettuata. Rimane anche la famosa caramella rossa dell’originale, qui vista in chiave di simbolo di morte invece che di vita.
Brava l’attrice protagonista Shannyn Sossamon, che esordì ne “Il destino di un cavaliere”.

Diego Altobelli (07/2008)
estratto da http://www.tempimoderni.com/db/dbfilm/film.php?id=1895